Scrivere per riconciliarsi _ Maria Bonelli Appunti sulla scrittura


Gli appunti di oggi sono tratti da uno dei Quaderni di Luisa Carrada, esperta di scrittura, professionale e non, che da tanti anni condivide esperienze e conoscenze attraverso il suo sito web “Il mestiere discrivere”. I suoi post, come i suoi appunti e i suoi testi, sono sempre stati per me fonte di studio, di approfondimento e di ispirazione per il mio lavoro, ma anche per la mia scrittura personale.  

Uno dei suoi primi Quaderni che ha dato molta luce alla mia idea della scrittura come pratica di conoscenza di sé, è stato “Yoga e Scrittura”. Da li ho tratto numerosi spunti su come imparare a scrivere in modo sempre più autentico, per riuscire a conoscere, riconoscere e crescere attraverso le parole e le strutture che usiamo quando scriviamo. I legami tra le due discipline che Luisa Carrada ha evidenziato in questo suo Quaderno mi hanno infatti suggerito più di un metodo per far si che la scrittura privata diventasse una pratica, una disciplina, una chiave di conoscenza e di riconciliazione con me stessa.

Yoga, infatti, spiega Luisa Carrada vuol dire unione, la sua radice indoeuropea yuj vuol dire soggiogare, unire. È una disciplina che allena la mente e il corpo a lavorare unite, in sintonia. Praticato ogni giorno, lo Yoga insegna a ritrovare la giusta armonia dei movimenti  del nostro corpo con la nostra natura più intima, l’unione pacifica e benefica dei nostri gesti con la nostra consapevolezza.

Anche scrivere è una forma di unione, di riconciliazione. Soprattutto quando scriviamo per il piacere di scrivere, per rispondere a quel bisogno primordiale di ritrovarci nelle parole, di dare una voce alle nostre emozioni e agli eventi che le hanno suscitate.

“Yoga e scrittura hanno i loro piccoli rituali. Srotolare il tappetino, sistemare il cuscino, accendere una candela, un bastoncino di incenso. Accendere il computer, mettere in ordine la scrivania, fare un piccolo giro su internet. Tutte cose che ci aiutano a entrare in una dimensione diversa, in uno stato di ricettività particolare.”

Nella pratica dello Yoga allungare la schiena significa allargare il torace, creare spazio all'interno del corpo, sentire i piedi ben piantati a terra e la nostra naturale postura tendere verso il cielo. Si tratta di sentire le sensazioni che attraversano il nostro corpo mentre lo muoviamo in silenzio, imparando in ogni gesto e in ogni stabilità ad accogliere: la nostra voce interiore, idee, pensieri, parole, ricordi, punti di vista.

 “quando il torace si apre, anche la mente si apre e ci sentiamo brillare emotivamente; allora sopraggiunge la stabilità. Questa è la stabilità emotiva.”

Nella scrittura come nello Yoga, si può cominciare sedendosi e tendendo la schiena in modo che sia aperta e dritta. Ponendo l’attenzione al respiro, ci si può preparare ad uno spazio: quello bianco, ordinato, semplice del foglio, o dello schermo, pieno di potenzialità, di possibilità ancora inespresse, che racchiude in sé tutti i possibili equilibri. E questo spazio, spiega Luisa Carrada, è collegato ad una “macchina”  molto sofisticata e altrettanto misteriosa: la nostra mente.

Scrivendo, impariamo a rinnovarci continuamente, ogni volta che dobbiamo farlo per raccontarci, ma anche per comunicare con qualcuno, per spiegare il nostro punto di vista, per formulare una richiesta.

È importante scegliere di esserci, essere lucidi, attenti, sapere cosa ci circonda, i nostri strumenti e l’ambiente che ci ospita. Prima di cominciare affrontiamo la pigrizia e quella sensazione di svogliatezza. La mente spesso e volentieri tende a divagare, se ne va di qua e di là. Per chi scrive, si tratta di scegliere di incontrare le emozioni e di sapere che possono far sorgere preoccupazioni, ansie, ricordi passati ma anche nuove resistenze come quelle di credere di non essere all'altezza di quello spazio bianco, di quel vuoto perfetto, di non riuscire a liberarsi o a trovare le parole giuste, nuove, per spiegare prima di tutto a sé stessi cosa veramente e profondamente stiamo provando.  

“Compiere un’azione qualsiasi: per me significa spesso cominciare a scrivere comunque. Un titolo, la prima frase che mi viene in mente, oppure un piccolo post sul blog. Magari poi cancellerò, ma intanto ho cominciato e il “prana” scribacchino ha cominciato a fluire, si è messo in moto. Difficile allora che si blocchi, si fermi”.

Quando si scrive per sé stessi, per riuscire a liberare e liberarsi di qualche pensiero che si ripete, o di un’esperienza che ci ha in qualche modo condizionati oppure ancora per raccontare qualcosa di importante, l’impegno richiesto è di incontrare quei pensieri, immagini, sensazioni, ricordi e farli diventare parole, e lasciare che trovino il proprio spazio “fuori” dalla nostra mente, sul foglio o sul monitor del pc.

Nella pratica dello Yoga, la prima cosa da fare è agire, è l’azione del corpo che si muove al ritmo del respiro.

“Quando le parole stentano a uscire, quando rigiri la penna tra le mani o scappi dal deserto dello schermo bianco verso le tentazioni multimediali del browser, lo sai benissimo cosa ti manca: il ritmo. Quando pian piano lo trovi, è come un’illuminazione, lo capisci al volo”.

Il ritmo è una sottile percezione che praticando impari a riconoscere. È una specie di voce interiore, che sembra addirittura dettare mentre scrivi e che per sua natura è terribilmente volubile: un instante prima sembra cavalcare le tue mani sulla tastiera o la penna sul foglio e un attimo dopo è svanita, così, leggera come una nuvola che non puoi afferrare. È possibile, però, sintonizzarsi con quel ritmo. Il nostro respiro ha una voce. Sono necessari vuoto, silenzio e solitudine per coglierla, modularla, rallentarla. 

“La saggezza millenaria degli yogin ci offre l’opportunità di cambiare forma, di diventare qualcos’altro nel tempo e nello spazio “altro” della pratica.
Secondo la tradizione le asana, cioè le forme possibili, sarebbero più di 4.800.000, ma già conoscerne e interpretarne alcune decine è fonte di inedite e continue scoperte su se stessi.[…]
Scivolare con il corpo nella forma e nella pelle di un serpente, assumere la fermezza e la monumentalità di una montagna, respirare come un pesce, danzare come una dea, o alzare le nostre braccia-ali come un gabbiano, sono esperienze che ci rimettono in contatto con archetipi e strutture profonde della
psiche, e con la fisicità della natura, da cui siamo sempre più lontani. Ogni elemento della natura, ogni animale ha un significato: assumerne la forma significa assorbire le loro virtù, i loro simboli, i loro punti di vista. Significa ampliare i nostri orizzonti interiori, estendere la presa della realtà, abbracciarla con l’immaginazione e con il linguaggio. E vivere una straordinaria esperienza creativa.

Lo Yoga insegna dunque a mettersi in ascolto, a ripetere gesti semplici, e quotidiani, come se fosse la prima volta che il nostro corpo li compie.
Quando scriviamo, se riusciamo a sgombrare la mente dal rumore di fondo dei dubbi e delle ansietà e accogliamo le emozioni, le sensazioni, che questi suscitano, possiamo sperimentare una particolare concentrazione: scrivendo un periodo alla volta, partiamo da un’idea, creiamo un percorso con tutto quello che vorremo dire e ci lasciamo andare al flusso della scrittura, ascoltando le nostre voci interiori, seguendo il ritmo.

“Il corpo impara la calma, il coraggio, l’apertura, e li trasmette alla mente. Il messaggio arriva, puntuale, nei momenti di difficoltà e soprattutto di cambiamento: anche con una gamba sola, anche con due braccia legate dietro, è possibile farcela e trovare un nuovo equilibrio; oppure cambiare punto di vista, e trovare la via d’uscita”

Prima “posiamo” le parole una dietro l’altra, lasciandole scorrere come vengono e come vogliono, poi possiamo spostarle, per provare nuovi percorsi o nuove connessioni, fino a trovare nuovi equilibri.
Facciamo respirare il testo attraverso le pause della punteggiatura, lo apriamo andando a capo, come se facessimo circolare spazio e aria. Lo ripercorriamo con l’attenzione necessaria quando siamo nella fase della revisione.

Lo Yoga quindi può insegnarci un modo nuovo di essere noi stessi, ma anche di scrivere quello che siamo. In questo senso credo sia un prezioso strumento di vita, di scoperta e soprattutto di crescita personale. Una volta che abbiamo imparato a piccoli passi a riconciliarci, tutto il resto della nostra vita ne resterà influenzato. Persino il nostro modo di scrivere.

C’è una sorta di nostalgia che spesso dà vita al bisogno di scrivere, un bisogno naturale di rovistare nei ricordi e vedere cosa è rimasto, cosa è bene conservare, cosa è meglio lasciar andare. Rispondere al richiamo di quella nostalgia vuol dire scrivere per conoscere e conoscersi, capire meglio attraverso le parole quello che abbiamo visto, sentito o sognato.
“Lo yoga ci schioda dalle abitudini, perché ci fa scoprire e usare tutti i muscoli e le parti del corpo, anche quelli che ci scordiamo di avere. Magari perché non li vediamo, come la schiena, o perché di solito restano in ombra, come l’interno delle braccia e i palmi delle mani. Questa pratica di scoperta si può estendere al linguaggio, portarci ad attingere a un patrimonio lessicale ed espressivo molto più ampio di quello che usiamo abitualmente. Rendere attivo il nostro vocabolario passivo. Combinare gli stili.”
L’invito è quello di sperimentare, cambiare per po’ mentalità, cambiare occhi, orecchie e linguaggio, provare e immaginare le emozioni di sempre, per raccontarle con parole che di solito non usiamo.
E così cambiare storia, la tua storia, usarla, mescolarla, riscriverla e attraversare quella nostalgia che ci ha spinti all'inizio a cercare carta e penna, fare pace con quella tristezza, assaporarla e riscoprirla una fonte semplice, genuina, pronta a conoscere ancora, altro ancora.

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