I primi segni della scrittura.

Il gesto e la parola - Appunti di scrittura - Maria Bonelli



[Appunti tratti da Leroi Gourhan, Il gesto e la parola, Tecnica e linguaggio - Einaudi]

La scrittura, nella sua prima fase, conserva quella visione pluridimensionale tipica dell'immagine e del grafismo e continua a essere capace di suscitare immagini mentali precise, ma allo stesso tempo dotate di una sorta di aureola e tali da muoversi in varie direzioni.


Nei Primati esiste un equilibrio coerente fra le azioni della mano e quelle della faccia, e la scimmia utilizza in modo meraviglioso questo equilibrio, fino al punto di fare assumere alle guance quella funzione di strumento di trasporto alimentare che la mano, ancora impegnata nella deambulazione,
non può assolvere.

Negli Antropiani primitivi, la mano e la faccia in un certo senso divorziano, fino a porsi in concorrenza per cercare un nuovo equilibrio, la mano
per mezzo dell’utensile e la gesticolazione, la faccia attraverso la fonazione. 

Quando appare la figurazione grafica, si ristabilisce il parallelismo: la mano ha il suo linguaggio la cui espressione è in rapporto con la visione, la faccia ha il suo che è legato all'audizione. Tra i due domina quell'alone che conferisce un carattere particolare al pensiero, una sorta di abilità della mente di interpretare e commentare che precede la scrittura propriamente detta: il gesto interpreta la parola, la parola commenta il grafismo.

La funzione della mano, come mezzo per creare utensili, faceva da contrappeso alla funzione degli organi facciali, mezzi di creazione del linguaggio verbale. 
Ad un certo momento, di poco precedente alla comparsa dell’homo sapiens, la mano inaugura una nuova propria funzione: crea un modo di espressione grafica atto a fare da contrappeso al linguaggio verbale. 

La mano diventava così creatrice di immagini, di simboli non direttamente dipendenti dallo svolgimento del linguaggio verbale, ma più che altro paralleli.

In questa fase si costituisce una modalità di espressione, un vero e proprio  linguaggio detto mitografia: perché la natura delle associazioni mentali a cui le prime forme di scrittura danno luogo, è di ordine parallelo a quella del mito verbale, estraneo a una rigorosa specificazione delle coordinate spazio-temporali. 

Il grafismo inizia non nella rappresentazione ingenua della realtà bensì nell'astratto. La scoperta dell’arte preistorica alla fine dell’Ottocento ha sollevato il problema del carattere "naif" di un’arte che avrebbe rappresentato

quello che l’uomo vedeva in una specie di "distensione estetica". Ben presto, già all'inizio del XX secolo, ci si è accorti che era un concetto sbagliato e che bisognava attribuire a preoccupazioni di carattere magico-religioso l’arte figurativa del Quaternario. 

Il grafismo non incomincia con una espressione in qualche modo servile e fotografica del reale, ma lo vediamo organizzarsi in una decina di migliaia di anni, partendo da segni che sembrano aver espresso prima di tutto dei ritmi e non delle forme. Infatti è solo verso il 30 000 che appaiono le prime forme, limitate del resto a figure stereotipate in cui solo alcuni particolari convenzionali permettono di identificarvi un animale. Queste considerazioni servono a mettere in rilievo il fatto che l’arte figurativa, alle origini, è direttamente collegata al linguaggio e molto più vicina alla scrittura nel senso più ampio della parola, che non all'opera d’arte.


[Leroi Gourhan, Il gesto e la parola, Tecnica e linguaggio - Einaudi].

Dopo millenni di maturazione di sistemi di rappresentazione mitografica affiora l'annotazione lineare del pensiero. Il contenuto della scrittura, infatti, non è causale, si tratta di conteggi, liste di sanzioni, serie di dinastie o di oracoli, riconoscimenti di debiti verso gli dei o gli uomini.

Sul mito vedi anche https://www.lacomunicazione.it/voce/mito/

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